Siamo una Comunità di laici e vogliamo vivere con il Signore della Vita. In questo tempo. Abitando la città dell'uomo.
La fraternità palpabile, la compagnia col Signore e la missione verso i piccoli ritmano le nostre giornate di uomini e donne che lavorano, sperano, soffrono, partecipano all' elaborazione di una cultura capace di riconoscere la dignità di ogni uomo e di promuoverla.

Tema: Facciamo festa

Canto iniziale: 5 settembre

Lc 15,22-24

Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

Commento

È la prima volta nella parabola che il padre rompe il silenzio e prende la parola, ristabilendo con tenerezza una gerarchia di valori e le priorità che il figlio aveva rovesciato. Parla con i servi e fa capire che il figlio non sarà mai servo in casa sua. Raccoglie lo scarto d’uomo che era il figlio e lo rimette al posto che gli spetta. Così il padre torna a ricreare quando chiede di potare al figlio l’abito più bello, che richiama le pratiche del matrimonio.

Il padre preferisce ridare alla vita e alla persona del figlio quella bellezza che ha nei propri occhi e che il figlio stesso non si riconosce più. In questo senso il vestito non è quello vecchio che il figlio aveva lasciato a casa, ma è nuovo, è quello che dà la dignità, che nemmeno il figlio vede in se stesso. Con questo abito il padre ridona al figlio anche l’intimità, cioè quello spessore interiore che il figlio aveva perso. Di base c’è il perdono del padre, che fa vedere al figlio lo scarto tra il se stesso attuale e ciò che profondamente è.

Questo figlio è il simbolo di tutta la nudità umana, che in Adamo viene scoperta dopo il peccato, che nel popolo è paragonata alla neonata abbandonata e poi ripresa da Dio e che visibile nel Figlio di Dio che si è spogliato per entrare a pieno nella nostra esperienza umana sia nell’incarnazione sia sulla croce, dove è stato spogliato della sua umanità. Per questo motivo il Figlio di Dio può comprendere il dolore di chiunque, di tutti coloro che scelgono se stessi al posto dell’amore degli altri.

Anche noi, come il figlio accolto dal padre, riceviamo molto di più di quanto pensiamo di meritare. Il vestito nuovo abilita il giovane a partecipare al pranzo di festa: è l’abito della misericordia di Dio, che può cambiarci dentro e ci dà la possibilità di essere rivestiti di Cristo, cioè di indossare i panni della tenerezza, della misericordia e dell’umiltà. Tutto ciò permette di essere misericordiosi come il Padre.

Il padre aggiunge poi anche

  • l’anello, segno della distinzione sociale, dell’appartenenza, dell’unione, della condivisone, della fedeltà, della premura e, nel matrimonio, del dono di una parte di sé.
  • i calzari, che sono gli strumenti per il cammino e che proteggono i piedi da tutti i pericoli, ma che sono anche segno della libertà: solo chi era libero aveva i sandali ai piedi. Per noi dunque avere i sandali significa dunque essere liberi e dominare sulle cose.

Infine c’è il banchetto, che è il crocevia delle relazioni, dove gli affetti si consolidano e si scambiano le parole. Il vitello grasso è il segno dell’ospitalità dello straniero, che rappresenta Dio che viene in visita a casa.

Ora si può fare festa, perché in casa è tornata la gioia, e il padre, Dio, si può riposare, perché tutti gli uomini, toccati dalla sua misericordia, possono condividerla con gli altri.

Canto finale: Vertigine

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