Tema: Non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio
Canto iniziale: En ho Logos
A Diogneto 10,1-11,8
X. 1. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre. 2. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo darà a quelli che l'hanno amato. 3. Una volta conosciutolo, hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? 4. Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l'uomo). 5. Non si è felici nell'opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane dalla Sua grandezza! 6. Ma chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l'inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio. 7. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio. Condannerai l'inganno e l'errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo, quando disprezzerai quella che qui pare morte e temerai la morte vera, riservata ai dannati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli saranno consegnati. 8. Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco temporaneo. XI. 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8. Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.
Commento
Lo scritto si avvia verso l’epilogo, la cui autenticità è discussa.
L’autore riprende l’idea che il culto dei cristiani si realizza nell’ascolto delle Scritture e si esprime nella comunità dei credenti.
In questa prospettiva è sottolineata l’importanza del fare esperienza della paternità di Dio, che si manifesta nell’amore. L’esperienza dell’amore rivelato dal Figlio è il punto di partenza per ogni cammino di fede ed è l’unica strada per godere dell’intimità con Dio.
Riconoscendo l’amore ricevuto, l’uomo può fare esperienza della paternità di Dio e cominciare a diventare suo imitatore.
In questo senso la fede consiste nel praticare l’amore fraterno e nell’innalzare l’uomo oltre l’orizzonte di ogni etica semplicemente umana, aspirando a una misura che è la stessa del cuore di Dio.
L’amore dei cristiani è chiamato a essere imitatore di quello di Dio, che è senza misura, oltre ogni calcolo e meschinità, libero dalla paura di perdere qualcosa e dall’interesse personale.
Un amore come quello di Dio accetta pienamente il rischio di perdere tutto, ma lo affronta con lucidità e in unità con Dio, non ha bisogno di imporsi, non ha paura del diverso, non ha bisogno di parole urlate, ma di sentimenti e gesti vissuti.
Ora, in una società fortemente individualista, come è l’attuale, è irrinunciabile il recupero della comunità come soggetto che testimonia, che vive secondo alcune forme concrete di condivisione, che contrasta ogni forma di individualismo e che pratica l’accoglienza e il perdono.
È nelle comunità che la forza dirompente della parola Signore non viene sopita, che lo stile della comunione non diventa una melassa e che una vita è rigenerata dalla grazia, perché si fa esperienza della misericordia di Dio che ama per primo.