Siamo una Comunità di laici e vogliamo vivere con il Signore della Vita. In questo tempo. Abitando la città dell'uomo.
La fraternità palpabile, la compagnia col Signore e la missione verso i piccoli ritmano le nostre giornate di uomini e donne che lavorano, sperano, soffrono, partecipano all' elaborazione di una cultura capace di riconoscere la dignità di ogni uomo e di promuoverla.

Tema: Il terzo figlio

Canto iniziale: Le beatitudini

Lc 15,11-13

Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.

Commento

La divisione dei beni richiesta dal figlio minore ha separato la famiglia: ognuno dei fratelli chiede per togliere qualcosa dalla casa del Padre, per prendere e portare via.

Il terzo figlio, Gesù, ci parla di un’altra eredità, che non è fatta di cose, ma di persone: riceve la propria ricchezza in tutti i fratelli e fa ciò che il Padre desiderava, cioè che i figli possano tornare all’amore del Padre.

L’eredità che Gesù accoglie è il Padre stesso. Contrariamente al figlio minore, Gesù dice: “Mio cibo è fare la volontà del Padre mio”. Possiamo dire che l’eredità di Gesù è la beatitudine dei puri di cuore, di coloro che sono pronti ad avere un rapporto distaccato con le cose, che non si legano al denaro, che non si fanno padroni di niente e non sporcano nulla con il desiderio di possesso.

I puri di cuore sono persone libere, hanno la leggerezza di ripartire sempre, perché sono pronti a perdere le proprie sicurezze per gli altri. Queste persone somigliano e obbediscono al Padre non secondo una legge o un dovere, ma per l’amore che hanno scoperto nei termini di accoglienza attiva e passiva.

Così Gesù rompe anche il modo di fare del fratello minore, con il possesso di una proprietà che chiude la vita e la soffoca.

In questo modo Gesù introduce la logica dell’alterità, cioè del vivere nella prossimità attraverso il dono di se stesso e non delle cose. Questo modo di donarsi lo fa somigliare al Padre.

Gesù esce dal Padre per stare con il Padre in mezzo agli uomini e per custodire dentro di sé i modi per chi vuole incontrare Dio. Per Gesù stare è anche abbandonarsi al Padre, quando la realtà sembra solo morte. La sua obbedienza è tale perché è un atto di amore.

È così che Gesù ricrea il nostro volto, ci riporta al Padre, sperimentando sulla propria pelle la distanza dal Padre e dai fratelli. Sulla croce Gesù sta, cioè non mette in campo nessun possesso per ottenere la propria salvezza, non taglia, non rompe nessun legame. Per questo motivo in Gesù crocifisso il volto di Dio e il volto dell’uomo si incontrano in modo nuovo.

Canto finale: Tiepida sera

Questo sito utilizza cookie atti a migliorare la navigazione degli utenti.
Chiudendo questo banner tramite il pulsante "ACCETTA" e proseguendo la navigazione sul sito se ne autorizza l'uso in conformità alla nostra Cookie Policy