Tema: Il silenzio del padre
Canto iniziale: Silenzio127
Lc 15,12
Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze.
Commento
La parabola inizia con le parole del figlio più giovane. Sono parole inattese, che feriscono. Il figlio è stato per tutta la sua vita ospite delle ricchezze del padre, non ha imparato a dare, ma ha imparato a ottenere.
Ora il figlio chiede delle cose, invece di chiedere delle relazioni, forza il tempo, lo curva verso il proprio presente, verso il subito, e rifiuta l’attesa: afferma l’esistenza solo delle sue esigenze e chiede nel presente ciò che gli spetta nel futuro.
Il figlio, che ha sequestrato tutto il tempo per sé stesso e per il quale esiste soltanto il presente, attraverso il dolore potrà dare nuovo spessore al proprio tempo.
Il figlio non dice di non essere amato dal padre, ma rifiuta l’amore che il padre gli mostra, perché gli costa troppo amare come il padre. Perciò guarda altrove, senza guardarsi dentro.
Il padre sta zitto, mettendo a tacere la propria autorità. Si mostra pronto ad accogliere la richiesta del figlio, anche se è scomoda. Sa che questo figlio non ha spazio per le sue parole e capisce che è tempo che il figlio sperimenti la propria responsabilità.
Il padre fa silenzio perché il figlio deve capirsi, perdersi e forse anche ritrovarsi. Rimane in silenzio perché comprende che gli rimane da dare solo un’ultima cosa: se stesso attraverso il vuoto in cui in futuro il figlio potrà creare un nuovo legame con lui.
Il padre ama e non ha la pretesa di dire tutte le parole che potrebbe dire e, in attesa del tempo adatto, non dice al figlio tutto l’amore che ha per lui. Allo stesso tempo non sta solo in silenzio, ma divide subito le proprie sostanze.
Il silenzio dunque non è per sparire, ma per dare se stesso, per diventare quella presenza offerta che rimarrà per sempre, riconoscibile, quando il figlio avrà attraversato il passaggio stretto della negazione e della sofferenza.